NEI CASI IN CUI LA DOMANDA DI CONSULTAZIONE VENGA FATTA DA UN FAMILIARE PER UN ALTRO FAMILIARE
Spesso si tratta di una richiesta di cura per un figlio, un fratello o un partner in stato di sofferenza o percepito come problematico e sintomatico.
La persona per la quale si desidera l’intervento, il paziente designato, può non essere motivata a chiedere aiuto (spesso il caso di pre-adolescenti e adolescenti) oppure non è in grado di farlo in maniera autonoma (si pensi, ad esempio, ai bambini).
Può perciò mostrarsi poco collaborante - se non oppositiva - rispetto al fatto di rivolgersi a un professionista, e resistente all’idea di recarvisi.
In queste situazioni, la presa in carico iniziale non può che vedere coinvolti i principali portatori della domanda di aiuto, ovvero chi telefona per prendere appuntamento in studio.
La partecipazione della famiglia costituisce una importante risorsa per la terapia e può aiutare a far nascere la motivazione nel soggetto sofferente.
Il percorso segue delle linee di intervento differenti a seconda della fascia di età del paziente designato, dei congiunti coinvolti e delle problematiche riportate.
NEL CASO IN CUI LA DOMANDA RIGUARDI UNA RELAZIONE, DEFINITA DAL RICHIEDENTE COME DIFFICILE, PROBLEMATICA O CONFLITTUALE
Ci riferiamo a situazioni in cui la richiesta è motivata dal desidero di risoluzione di problematiche puramente relazionali tra genitore e figli oppure tra fratelli.
Non viene identificato un paziente designato, poiché manca la quota di sofferenza individuale espressa attraverso modalità dichiaratamente sintomatiche.
QUANDO IL PAZIENTE E' UN BAMBINO
Ovvero dall'età dell'infanzia fino alla pre-adolescenza (fine scuola elementare e inizio delle scuole medie).
In questa fase del ciclo di vita le maggiori problematicità possono essere rilevate in ambito:
• scolastico (apprendimento o condotta);
• delle relazioni famigliari (anche nei casi in cui il bambino è testimone della sofferenza di un altro membro della famiglia);
• dello sviluppo evolutivo o cognitivo;
• delle competenze sociali, affettive ed emotive.
Il malessere può esprimersi attraverso sintomi strutturati (es: fobie) o comportamenti percepiti dai caregiver come disfunzionali.
Le modalità procedurali di intervento cambieranno a seconda che la richiesta sia di valutazione o di supporto e terapia.
In ogni caso, il primo colloquio di consultazione prevede la sola partecipazione dei genitori o degli adulti responsabili delle cure e della tutela del bambino.
Si valuterà poi insieme, a seconda dell’età del minore, se e come procedere con un periodo di preparazione, preliminario alla convocazione in studio del piccolo paziente.
QUANDO IL PAZIENTE E' UN ADOLESCENTE O UN GIOVANE ADULTO NON RICHIEDENTE
Si tratta di pazienti non motivati a intraprendere un percorso terapeutico, ma designati tali da un congiunto preoccupato e richiedente la cura.
La fascia di età va dai 14 ai 25 anni, quindi include anche soggetti maggiorenni che convivono ancora all’interno del nucleo familiare d’origine e ne dipendono economicamente.
I motivi che spingono alla consultazione possono essere molteplici o sommariamente classificabili come:
• disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa, bulimia, binge eating);
• difficoltà relazionali;
• fobie scolari o sociali (che possono portare a isolamento domestico);
• disturbi affettivi/ dell’umore;
• dipendenza da sostanze o da condotte di gioco;
• tratti di personalità e condotte di carattere drammatico o borderline;
• comportamenti a rischio devianza sociale;
• disturbi di area psicotica.
In questi casi è indicato un primo colloquio familiare congiunto, che prevede la partecipazione di entrambi i genitori (qualora non siano presenti importanti motivi che ne precludano la possibilità, ovvero un clima di violenza o alta conflittualità) e del paziente non richiedente.
Una volta valutato il grado di collaboratività e di malessere, verranno proposte differenti convocazioni nella fase di consultazione, fino a strutturare la proposta di un progetto di intervento terapeutico concordato